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Sulle tracce di mio padre

Un soleggiato e freddo mattino ho detto a mio padre “Andiamo a Santa Vittoria, nei tuoi posti, andiamo al cimitero a trovare i parenti, non me li ricordo”.

Quando ero bambino trascorrevo le festività in famiglia insieme a nonni, zii e cugini. Ricordo la sala divisa in tavolo dei grandi e tavolo dei bambini. Per me erano giorni di felicità perché la casa si sarebbe riempita. Avrei ricevuto qualche regalo ma quello poco mi importava. Mi importava che tutti quanti stessimo insieme, riuniti per qualche ora che sembrava un’eternità.

I monti sibillini si trovano di fronte a noi e piano piano quelle cime per anni viste da lontano, prendono definizione, l’aria ha un sapore diverso, più fresco, pulito e per chi vive in città è una gioia che tutto il corpo vive.
Sulla strada che porta dalla Chiesa Collegiata (il Santuario di Santa Vittoria) alla Chiesa della Resurrezione (il Capellone Farfense) prati di foglie secche ci porgono il saluto, sembra che attendessero solo il nostro passaggio prima di tornare alla terra per proseguire il loro ciclo delle stagioni. I raggi di sole penetrano le foglie rimaste aggrappate, i giochi di luce fra alberi, panchine, breccia e chiese lasciano stupefatti di fronte a tanta bellezza dimenticata.
Adoro il rumore della breccia calpestata. Intorno un silenzio monastico ci avvolge e solo un cane abbaia lontano, non è ancora il tempo del suono delle campane. Si potrebbe quasi urlare da paese a paese. Il cielo è limpido guardando il Monte Vettore e quassù, in alto, anche i pensieri si fanno più chiari: sono al paese di mio padre, Santa Vittoria in Matenano, dove lui da bambino serviva come chierichetto, giocava sul muretto della Chiesa delle Madonne dopo il pranzo della domenica coi pochi bambini vicini di casa, dove il panorama sono il sole, i colli e le montagne, nulla più.
Ripercorrendo quelle vie, riaffiorano i suoi ricordi: il catechismo delle suore, la scuola elementare, il vecchio ospedale, le abitazioni di cari che non ci sono più, i negozi chiusi da anni, la farmacia, il campo di calcio della domenica pomeriggio dove lui guardava i tornei, lo spettacolo più ambito per un bambino.
Il panorama passa dai calanchi di Montelparo, rocce vive esposte all’erosione di millenni, al Mare Adriatico dove quasi si può immaginarne l’odore.
Andiamo al cimitero di Santa Vittoria e al cimitero di Montelparo, alla casa, dove nacque mio padre e alla casa dove nacque sua madre, ma questo è un altro racconto.
Ho sentito di appartenere ad un posto pure se non è il mio ma quello di chi mi ha cresciuto. Tramite i racconti di mio padre, i suoi posti e i suoi ricordi, la testimonianza di quando era bambino, ragazzo e giovane con più consapevolezza so da dove provengo e in che direzione andare.

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