Da
osservatore ho sempre ammirato il periodo prenatalizio: il primo anno di
università fu un lungo tunnel che iniziava il primo giorno di lezione e
terminava col prendere coscienza che era già natale. Ci feci caso una sera che,
tornando a casa dopo i corsi, uscendo dalla metro presi atto di tutte le
lucerne appese. Rimasi abbastanza stupefatto e anche deluso perché quei mesi
erano volati al punto che nemmeno mi rendevo conto dello scorrere del tempo per
quanto ero preso dallo studio. L’8 dicembre, il giorno dell’Immacolata, è il
giorno più comune per allestire l’albero natalizio: dalla soffitta, dallo
sgabuzzino, dal garage tiriamo fuori quel cespuglio rivestito di plastica, ci
azzardiamo a tirare fuori anche il presepio. Quando ero adolescente non
prestavo molta attenzione a questi rituali annuali, vedevo mia madre che con
pazienza in mezza giornata preparava l’albero e con un’altra mezza il presepio.
Solo negli anni dell’università, per mancanza, ho capito quanto invece quel
ricordo fosse importante. Un anno chiesi addirittura di farmi preparare un
piccolo presepio da appoggiare sopra l’armadio (la stanza di un fuori sede non
è molto capiente nelle grandi città) e mi procurai in un negozio cinese le luci
da appendere intorno. Quel casottino dava sembianze della casa familiare pure
se a chilometri di distanza.
Pieno
di questi ricordi una domenica pomeriggio con amici ci siamo messi in strada
molto presto per fare un giro tra i mercatini natalizi: in questo periodo
dell’anno la parola regalo può suscitare ansia e stress. E’ lampante come ogni
mercatino natalizio rispecchi un ambiente, un quartiere, la gente che lo abita
e il senso comune. Prendiamo per esempio un quartiere popolare, in cui abitano
sia cittadini italiani che cittadini stranieri, dove l’età varia molto dai
giovani fino agli anziani, dove si mescolano universitari e lavoratori, si
passa dalle trattorie ai ristornati etnici, dall’edicola al benzinaio in pochi
metri, dal caffè al centro estetico, dal garage sottoterra a pagamento al campo
di basket, dalla tangenziale ai reperti dell’età romana, dalla ex stazione
commerciale al filobus. Ecco in un posto simile, così variegato, così
multiforme anche un mercatino natalizio ne assume le sembianze. L’essere umano
traspone le proprie caratteristiche nei posti che abita, nelle letture che fa,
nei regali che vorrebbe ricevere o che compra. In un mercatino simile si
trovano tutti gli oggetti, già utilizzati, che possono esser comodi e di valore
per qualcun altro. Senza dilungare troppo l’elenco si possono trovare vecchi
cellulari di inizio 2000, libri stampati nel 1950, occhiali vintage, orecchini
e anelli, giocattoli che vanno dagli anni ’80 ad oggi, giocattoli in legno,
abiti, vecchie fotografie di esposizione, cravatte bizzarre anni ’90, accendini
particolari e così via.
Spostandoci
verso il secondo mercatino, in un quartiere più curato, si nota subito la forte
differenza: guardaroba all’ingresso, tappeto rosso con candele, camerieri e
hostess in cravatta, lampadari decorati, tende che scendono giù come cascate e
soprattutto la presenza del condizionamento termico a differenza del primo
mercatino. Gli oggetti, pure se simili a quelli del primo mercatino, ora
diventano più costosi. Anche gli acquirenti sono tutti vestiti con più
attenzione e arrivano addirittura con acconciatura. I locali sono tappezzati di
enormi specchi dove potersi riflettere durante la prova. Per regali come babbo
natale o decorazioni puramente natalizie resta poco spazio, giusto un sotto scala.
E’ davvero questo quello ci scambiano a Natale?
Ultima
tappa, senza perdere speranza, è un mercatino del pieno centro, molto
frequentato da turisti e i residenti sembrano quasi ospiti della zona. Sciarpe,
statuine in legno scolpite e dipinte a mano, lampade dai filamenti con le
geometrie più astruse affisse su legno antico, i soliti orecchini ed anelli,
berretti, cappotti più accessibili. Girandomi intorno noto che gli acquirenti
sono solamente giovani che per poca disposizione economica provano oggetti
senza acquistarli. Quante volte è capitato di provare indumenti senza
comprarli?
In
questo tour fra mercatini natalizi, insieme ad amici, ho notato come si tenda
ad usare largamente termini svuotandone il significato: di questi mercatini
natalizi tutto c’era meno che il natale. Il natale inteso sia familiarmente che
religiosamente richiede un ritrovo, una riflessione. Durante il periodo
natalizio gli studenti fuori sede tornano finalmente a casa, chi può prepara
presepio e albero insieme alla famiglia perché in quel gesto di fare qualcosa
insieme, si crea il ricordo che rimarrà poi negli anni. A chi non piace sentire
il suon del carillon in un presepio? Mentre la pubblicità ci invita a prendere
questo o quel panettone a noi piace mangiarli insieme, magari dopo una cena di
classe o fra parenti. Ricordo i natali sommersi dalla neve in cui ero ansioso
di buttarmi fra le colline innevate e volar via con lo slittino. Nei mercatini
non ho visto nemmeno una neve sintetica, nemmeno un muschio finto. I 3 mercatini
natalizi erano semplicemente 3 mercatini durante il periodo prenatalizio ma
senza evocare nessuna delle immagini appena elencate. Dove sono esposte le
tombole che per anni ci hanno accompagnato sul tavolo di casa? Dove sono i
canti di natale che ormai ascoltiamo solo registrati in televisione o emessi
dagli amplificatori del centro commerciale? Dove sono i personaggi del presepio
che ormai vediamo solo esposti e fatti da qualcun altro? Dove sono i babbi
natale? Tutte queste figure ormai non servono più ad evocare lo spirito
natalizio ma a vendere durante il periodo natalizio. Basta prendere una
qualsiasi pubblicità telefonica e si vede il babbino o la babbina fare una
promozione.
Come
ogni anno, chi con piacere, chi meno, ci dobbiamo confrontare col Natale perché
è un indice di come stiamo. Ci fa piacere vivere un natale dentro una famiglia
divisa? Perché non ci sforziamo a ricucire i rapporti? Il natale si riduce solo
ad abbuffate in sequenza? Il natale sono solo divano, centro commerciale e
cinema? Il natale sono solo vacanze e compiti da fare? Cambiando punto di
vista: chi non si può permettere un natale simile? Chi non ha famiglia? Chi è
completamente solo? Invitiamolo ad esser parte della nostra famiglia. Chi è in
ospedale? Andiamo a trovarlo. Chi è un senza tetto? Invitiamolo ad un pasto. Chi
ha appena perso un caro? Cerchiamo di esser presenti nella sua vita. Chi ha
subito un licenziamento? Cerchiamo la persona che trascuriamo, proviamo con una
chiamata, con un messaggio più attento: il natale ci offre questo o almeno il
periodo prenatalizio ci da il tempo di riflettere su questo prima che sia tardi
e arrivi il natale del prossimo anno. E’ fondamentale voler bene ora, perdonare
ora e non fra un anno. E’ fondamentale esser solidali ora, caritatevoli ora,
cercare ora e non rimandare ad un ipotetico futuro che non coglieremo mai.
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